Green&Blue

Energia

Terre rare recuperate dai rifiuti (non solo elettronici), il riciclo che evita l'import

I ricercatori nel laboratorio della Rice University
I ricercatori nel laboratorio della Rice University 
Gli elementi fondamentali per transizione ecologica e rivoluzione digitale vengono per la maggior parte dalle miniere cinesi, ma una nuova tecnica promette di ottenerli in quantità e con procedimenti meno inquinanti
1 minuti di lettura

Le terre rare sono elementi indispensabili per costruire superconduttori, magneti, fibre ottiche, batterie per auto ibride e motori elettrici. Si tratta di materiali preziosissimi per affrontare le sfide della transizione energetica e della rivoluzione digitale. Ma i processi estrattivi sono estremamente inquinanti, e si tratta di un campo in cui la Cina esercita un monopolio praticamente indiscusso, che nei prossimi anni renderà sempre più difficile per le aziende occidentali procurarsi queste materie prime.
 

Ottenerli riciclando rifiuti elettronici è possibile, ma ha costi elevati e un impatto ambientale non indifferente. Almeno per ora: una nuova scoperta realizzata nei laboratori della Rice University di Houston, in Texas, promette infatti di cambiare radicalmente la situazione, rendendo finalmente sostenibile la produzione di terre rare dal riciclo di una vasta gamma di rifiuti.

"In passato gli Stati Uniti estraevano terre rare, ma si tratta di un processo che produce anche molti elementi radioattivi", spiega James Tour, chimico della Rice University che ha collaborato alla ricerca. "L'acqua utilizzata nei processi estrattivi non può essere reiniettata nel terreno, va smaltita ed è un processo costoso e problematico. Quando gli Stati Uniti hanno chiuso le loro miniere di terre rare, però, i fornitori stranieri hanno praticamente decuplicato i prezzi".
 

È per questo motivo che in molti guardano con interesse alla possibilità di ottenere le terre rare per altre vie. E quella proposta dal team di Tour sulle pagine di Science Advances è particolarmente promettente, perché permetterebbe di ridurre l'impatto ambientale della filiera del riciclo, utilizzando lo stesso sistema per lavorare tipologie molto diverse di rifiuti: non solo dispositivi elettronici, ma anche le cosiddette fly ash (o ceneri volanti) che rappresentano il sottoprodotto della combustione del carbone nelle centrali termoelettriche, e i fanghi rossi che si ottengono nella produzione industriale dell'alluminio.

La tecnica si basa su un un procedimento chiamato flash Joule heating, messo a punto dai ricercatori della Rice nel 2020 per produrre grafene a partire da rifiuti alimentari, plastica e altri comuni materiali di scarto. Il processo sfrutta uno speciale reattore, al cui interno vengono inseriti i materiali da riciclare insieme a del nerofumo (che aumenta la conduttività della mistura), per poi riscaldarli molto velocemente a una temperatura di oltre tremila gradi.

Al termine della procedura si ottiene un composto altamente solubile, da cui è possibile estrarre le terre rare utilizzando una frazione dell'acido richiesto dai processi tradizionali, e con una resa quasi doppia. Se applicato su scala industriale, secondo Tour il suo metodo di riciclaggio potrebbe liberare in breve tempo gli Stati Uniti o l'Unione Europea dalla necessità di acquistare le terre rare dall'estero. E viste le sfide che ci attendono nei prossimi anni per decarbonizzare il pianeta, si tratterebbe senz'altro di un traguardo importante.